Recensione de “Lo schiavista” di Paul Beatty

Buongiorno a tutti, miei cari lettori!
Oggi, sul blog, approda una nuova recensione: stamattina, desidero parlarvi de “Lo schiavista” di Paul Beatty, edito Fazi Editore.

TRAMA

«So che detto da un nero è difficile da credere, ma non ho mai rubato niente. Non ho mai evaso le tasse, non ho mai barato a carte. Non sono mai entrato al cinema a scrocco, non ho mai mancato di ridare indietro il resto in eccesso a un cassiere di supermercato».
Questo l’inizio della storia di Bonbon. Nato a Dickens – ghetto alla periferia di Los Angeles – il nostro protagonista è rassegnato al destino infame di un nero della lower-middle-class. Cresciuto da un padre single, controverso sociologo, ha trascorso l’infanzia prestandosi come soggetto per una serie di improbabili esperimenti sulla razza: studi pionieristici di portata epocale, che certamente, prima o poi, avrebbero risolto i problemi economici della famiglia. Ma quando il padre viene ucciso dalla polizia in una sparatoria, l’unico suo lascito è il conto del funerale low cost. E le umiliazioni per Bonbon non sono finite: la gentrificazione dilaga, e Dickens, fonte di grande imbarazzo per la California, viene letteralmente cancellata dalle carte geografiche. È troppo: dopo aver arruolato il più famoso residente della città – Hominy Jenkins, celebre protagonista della serie Simpatiche canaglie ormai caduto in disgrazia –, Bonbon dà inizio all’ennesimo esperimento lanciandosi nella più oltraggiosa delle azioni concepibili: ripristinare la schiavitù e la segregazione razziale nel ghetto. Idea grazie alla quale finisce davanti alla Corte Suprema.
Una satira pungente sulla razza, la vita urbana e la giustizia sociale. Un’esplosione di comicità, provocazione e prosa brillante da uno degli scrittori più audaci d’America, che con questo romanzo si è aggiudicato il Man Booker Prize 2016 ed il National Book Critics Circle Award 2016.

La storia di Bonbon inizia a Dickens, un quartiere alla periferia di Los Angeles, davanti alla Corte Suprema degli Stati Uniti d’America. O, meglio, facciamo un passo indietro: la storia di Bonbon inizia a Dickens, quando, un numero non precisato di anni prima, faceva da cavia agli irrazionali esperimenti ideati da suo padre, fervente sociologo convinto di poter sbarcare il lunario conducendo eccentrici studi razziali. Nonostante il suo passato, alla morte di suo padre, Bonbon, per provare a riunire la comunità di Dickens la quale, dopo le nuove modifiche urbanistiche, si è vista cancellare dalle mappe stradali è colto da un’idea quantomeno singolare: riportare in auge schiavitù la segregazione razziale. Così, aiutato dal suo servo personale ultra ottantenne, tra una coltivazione d’angurie e l’altra, il suo progetto prende forma.

“Mi è venuto in mente un modo per convincere i ragazzi a comportarsi bene e a rispettarsi a vicenda […]». «E quale?». «Segregare la scuola», risposi, e subito dopo aver parlato mi resi conto che la segregazione razziale sarebbe stata la chiave per riportare in vita Dickens. Il senso di comunità […] avrebbe permeato il resto della città. L’apartheid aveva unito i sudafricani; per quale motivo non avrebbe potuto ottenere lo stesso effetto su di noi?”

Lo schiavista opera che, nell’anno appena trascorso, ha valso al suo autore il prestigioso Man Booker Prize è uno dei libri più stravaganti che abbia mai avuto modo di leggere. Non è facile parlarne, perché, prima di tutto, non è affatto facile da leggere: è un libro molto particolare, una potente satira sulla classe nera americana, uno spaccato su una realtà estremamente difficile da comprendere appieno, per chi ne vive al di fuori. Proprio per questo motivo, e per i nutriti riferimenti che Beatty fa a determinati aspetti e figure intrinsecamente appartenenti alla cultura nera statunitense, la lettura si rivela, a tratti, faticosa e ardua da cogliere nella sua interezza. Ciononostante, ho trovato lo stile dell’autore immensamente piacevole ed efficace, ricco e dotato di una prosa florida e spassosa.

“Ero il proprietario di un vecchio nero avvizzito che sapeva una cosa soltanto: quale fosse il suo posto.”

Personalmente, avrei preferito che (quello che sarebbe dovuto essere) il tema centrale avesse avuto un’importanza maggiore all’interno del libro, tralasciando così, questioni che, in tutta onestà, ritengo trascurabili ai fini della storia e che, più volte, hanno distolto la mia attenzione dalla pagine. In ogni caso, però, sono fermamente convinta del fatto che, ora più che mai, questo libro vada letto. Perché sì, fisicamente saremo anche nel 2017, ma sono ancora troppi, quelli con la mente ancorata a un passato esclusivista e umiliante.

SCHEDA

Titolo: Lo schiavista
Autore: Paul Beatty
Prezzo: Euro 18.50
Pagine: 370
Casa Editrice: Fazi Editore

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Se avete già letto questo libro, fatemi sapere cosa ne pensate!
Alla prossima e buone letture,

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